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ENERGIA/ Il riscaldamento che fa risparmiare e respirare meglio un’intera città

Ultimo Aggiornamento: 07/03/2011 21:38
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07/03/2011 21:38
 
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Integrazione è un termine molto gettonato nei dibattiti e negli studi sui temi energetici. In alcuni casi, però, non è solo un concetto teorico e inizia a trovare applicazioni concrete. Se ne è discusso nei giorni scorsi al convegno Il settore energia: mercato, innovazione e ambiente, organizzato dalla Fondazione Energy Lab e dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano; in particolare ne ha parlato il Direttore Generale dell’area tecnico-operativa di A2A, Paolo Rossetti, portando l’esempio di una città come Milano e documentando cosa può significare l’integrazione tra sistemi energetici e territorio.

Nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile della città, integrazione significa valorizzarne tutte le opportunità per mettere in campo soluzioni tecnologiche in grado di attuare sinergie finora impensabili. Basti pensare al teleriscaldamento e alle interessanti possibilità di integrazione con altri sistemi, come quello dei rifiuti, quello idrico e quello della depurazione.

Il piano di sviluppo del teleriscaldamento in una metropoli come Milano si gioca su più livelli. Anzitutto quello delle fonti di produzione del calore: si ricorre a una serie di fonti, non solo quelle tradizionali dei sistemi di cogenerazione stand alone, ma altre che ai combustibili fossili affiancano la termovalorizzazione dei rifiuti non recuperabili. Per quantificare tale apporto, basta considerare che il termovalorizzatore Silla 2 di Milano al termine del 2011 sarà in grado di mettere in rete la bellezza di 130 Megawattora termici, cioè una buona quota continua di energia termica a disposizione della città.

Anche le fonti rinnovabili danno un apporto, utilizzate in caldaie semplici o in cogenerazione. O ancora, l’utilizzo delle risorse naturali per la produzione sia del caldo che del freddo: si pensi all’importante apporto della geotermia. In tema di risparmio energetico, l’attenzione è rivolta all’utilizzo dei cascami di calore di alcune industrie, come le vetrerie, o altre attività produttive che comportano l’immissione in aria di quantità di calore notevole che verrebbe disperso.

A partire da questa varietà di fonti, che cooperano per produrre calore in modo efficiente e con un livello di risparmio energetico il più alto possibile, il calore viene poi immesso nelle reti di trasporto e distribuzione fino a raggiungere lo scambiatore di calore che lo trasferisce al singolo edificio. Da notare che così i cittadini possono fruire del vettore calore in entrambe le sue accezioni energetiche: sia del caldo che del freddo (e per una metropoli mediterranea il problema del raffrescamento sta diventando più serio di quello del riscaldamento).

Il primo traguardo del piano di sviluppo del teleriscaldamento milanese è fissato al 2015 e prevede un rapido incremento della rete rispetto ai 40 km posati al 2006. Dal punto di vista dell’utenza, si dovrebbe avere il passaggio dai 130.000 abitanti equivalenti (espressione un po’ impersonale ma più adatta, nel caso di una grande città, rispetto al termine residenti) già serviti nel 2006 ai circa 500.000 raggiunti dal teleriscaldamento.

Interessanti, anche in riferimento al dibattito attuale sulla qualità dell’aria nella capitale lombarda, sono le stime dell’incidenza del teleriscaldamento sull’emissione di inquinanti atmosferici: a regime verrebbero evitate le emissioni annue di 268 tonnellate di ossidi di azoto (NOx), di 163.384 tonnellate di anidride carbonica (CO2), di 23 tonnellate di polveri sottili (PM10) e di 409 tonnellate di biossido di zolfo (SO2).

L’altro livello di integrazione che il teleriscaldamento può utilizzare efficacemente è quello con il ciclo idrico integrato. Anche qui il piano di Milano, come ha fatto osservare Rossetti, presenta grandi potenzialità ed elementi innovativi. A partire dai primi stadi della filiera del ciclo idrico, cioè la captazione e la potabilizzazione, dove possiamo utilizzare la quantità di calore contenuta in questi enormi flussi di acqua attraverso sistemi di scambio termico utile per attivare pompe di calore che si interfacciano con le reti del teleriscaldamento.

Proseguendo negli altri step del ciclo idrico, si può ottenere calore (e ci sono sperimentazioni avanzate in Finlandia e Norvegia) dall’acqua delle reti fognarie per rifornire pompe di calore acqua-acqua con performance elevate. Infine, dalle ultime fasi del ciclo, quelle della depurazione, si può recuperare calore utilizzabile sempre mediante pompe di calore, ma anche dal biogas e dai fanghi prodotti dai depuratori e inseriti nella cogenerazione. In termini quantitativi, tutto ciò può significare (a regime, forse un po’ più in là del 2015) un risparmio di energia primaria di 48.000 Tep (tonnellate equivalenti petrolio) annui e una riduzione delle emissioni di CO2 di 150.000 tonnellate annue.

Con questi numeri, ci sono tutte le premesse perché Milano arrivi ad affiancare la svedese Göteborg al top europeo nell’adozione del teleriscaldamento e possa entrare nel club delle città sostenibili.


fonte

[SM=g8265] Ely




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