Gay si diventa? Domanda lecita, tutti siamo orientati all’altro sesso

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Tommaso de Torquemada
00martedì 8 dicembre 2015 12:26
uccronline.it - 25 novembre 2015


Gay si nasce o si diventa?. Da anni la tematica dell’omosessualità è al centro del dibattito sociale e, seppur poco interessati, anche noi non ci siamo sottratti dal considerarla. Abbiamo sempre preferito occuparci, tuttavia, non tanto dell’inclinazione in sé ma piuttosto dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, delle adozioni, del diritto per chi prova attrazioni omosessuali indesiderate di cercare aiuto terapeutico per affrontare la sua situazione, e dei due estremi: omofobia e omofascismo.

Il tema dell’omosessualità in quanto tale, sopratutto della sua genesi, lo ha aperto in questo periodo Simon LeVay, diventato famoso una ventina di anni fa sostenendo un’ipotesi genetica (la regione Xq28 del cromosoma X) alla base dell’orientamento sessuale, anche se poi ha rettificato: «sono stato indicato ripetutamente come colui che “ha dimostrato il fondamento genetico dell’omosessualità” […]. Non ho mai asserito questo. Io non ho dimostrato che l’omosessualità è genetica, o trovato una causa genetica dell’essere gay. Non ho mostrato che gli uomini gay sono nati così, questo è l’errore più comune che si fa interpretando il mio lavoro» (The Sexual Brain, p. 122).

Nel suo ultimo libro, “Gay si nasce?” (Cortina edizioni 2015), ha analizzato i vari tentativi scientifici di individuare l’origine dell’omosessualità, arrivando però a concludere che non siamo in grado di capirlo. Non c’è nessun gene gay. Recensendo il libro, lo psicologo filo-Lgbt Vittorio Lingiardi, ordinario presso La Sapienza di Roma, ha giustamente negato che «il gene rappresenti una grandezza irriducibile e immutabile e che tra un gene potenzialmente attivo e un comportamento complesso esista una relazione causa-effetto, cosa lontana da ciò che presumibilmente accade». L’origine dell’omosessualità è quindi da trovarsi in un’influenza reciproca e continua tra espressività genetica e contesto ambientale.

La cosa più interessante è che Lingiardi si è dimostrato spazientito dal fatto che tutti si domandano se si “nasce o si diventa gay”, questa è «l’immancabile domanda, che (al)l’etero non si pone, “quando e perché sono diventato così?”». Innanzitutto osserviamo finalmente una presa di coscienza: “etero si può diventare”, dice Lingiardi, mentre fino ad ora è sempre stato vietato sostenere che qualcuno potesse uscire dall’omosessualità e “diventare” eterosessuale. Quando gli andava bene veniva accusato di omofobia e subiva un linciaggio mediatico, accusato di mentire, di sostenere che i gay sono malati o di non essere mai stato omosessuale. Questo perché, sostengono ancora oggi molti militanti Lgbt, gay si può diventare in qualunque momento ma nessuno può (o deve) “passare” all’eterosessualità.

La seconda riflessione che vorremmo fare è che la domanda se si nasce o si diventa gay se la pongono effettivamente tutti, anche gli stessi omosessuali: non a caso lo stesso LeVay -omosessuale dichiarato- addirittura ha realizzato una ricerca scientifica per tentare di rispondervi. Non bisogna affatto stupirsi di questo, come invece fa Lingiardi: che la nostra corporeità, fin dalla nascita, indichi oggettivamente una predisposizione naturale all’incontro con un sesso diverso dal nostro, è sotto gli occhi di tutti. Siamo tutti naturalmente (cioè anatomicamente, geneticamente e fisiologicamente) orientati verso l’altro sesso, comprese le persone omosessuale, tant’è che esse -al di là dei loro comportamenti sessuali- abitano comunque un corpo orientato e finalizzato all’incontro con l’altro sesso, che continuerà sempre a funzionare fisiologicamente come un “corpo eterosessuale”. Il fatto che in loro vi sia una contraddizione tra orientamento fisiologico corporale e l’auto-percezione psicologica è da ritenersi un’eccezione (anche dal punto di vista meramente statistico) misteriosa. Lo stesso Catechismo cattolico afferma: «La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile».

L’uomo e la donna sono esseri complementari, cioè si completano a vicenda, sono orientati naturalmente ad incontrarsi ed unirsi, lo dice la struttura anatomica e fisiologica del corpo ma anche l’espressione caratteriale e genetica, come efficacemente spiegato da Platone con il paragone delle due metà della mela. La nostra natura è orientata verso la complementarietà sessuale e le persone con tendenza omosessuale non hanno una natura diversa dalla nostra. Hanno tendenze e comportamenti diversi, ma essi non costituiscono l’identità personale, la natura della persona. Chi ha una bella voce non ha una identità cantante, ma è una persona che canta; chi nasce con una malformazione fisica non ha una identità malformata, ma è una persona con una malformazione; chi nasce con una tendenza ad essere timido non ha un’identità o una natura timida, ma è una persona che sperimenta timidezza. Così, le persone omosessuali non hanno una natura omosessuale, dunque in contraddizione con il loro corpo e il loro orientamento naturale anatomico e fisiologico, ma semmai hanno tendenze e comportamenti omosessuali. La differenza è profonda.

Questo ci porta a concludere che non c’è alcuna stranezza a domandarci da dove nasca l’omosessualità nelle persone, mentre sarebbe assurdo porci delle domande sulla genesi della nostra eterosessualità. Essa è iscritta nella profondità dell’uomo, nelle regole della natura (nell’evoluzione della specie, direbbero i biologi) tanto che basta osservare il nostro corpo (anche quello delle persone con tendenze omosessuali) e il suo funzionamento per capirlo. Un corpo che è inscindibile dal nostro vissuto psicologico, tanto che chiunque si aspetta una coerenza tra corpo e mente. Esistono evidentemente casi di incoerenza (o contraddizione) tra orientamento del corpo e sensazioni psicologiche, cioè in chi vive tendenze omosessuali, ma questo non significa affatto che queste persone abbiano una natura omosessuale. La quale resterà sempre orientata in coerenza con la proprio corporeità.

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