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Tommaso de Torquemada
00venerdì 26 maggio 2017 21:50
di Adriana Bazzi
Allo studio farmaci che sfruttano l’Rna per ridurre a livello dei geni, i processi che portano alla circolazione delle lipoproteine «cattive» che danneggiano il cuore.
Ma i nuovi farmaci saranno molto costosi e riservati ai casi più graviAllo studio farmaci che sfruttano l’Rna per ridurre a livello dei geni, i processi che portano alla circolazione delle lipoproteine «cattive» che danneggiano il cuore.
Ma i nuovi farmaci saranno molto costosi e riservati ai casi più gravi


La next generation di farmaci anti-colesterolo ha due padri: Craig Mello e Andrew Fire, entrambi Premi Nobel per la medicina nel 2006. I due americani hanno scoperto come “silenziare” i geni attraverso piccole molecole di Rna (acido ribonucleico): queste molecole possono intervenire nel processo che dal gene (cioè dal Dna) porta alla produzione di proteine e impedire la sintesi di queste ultime. In pratica, dunque, possono annullare l’attività di un gene quando funziona male e produce proteine dannose. Dalla scoperta alla sua applicazione in campo terapeutico. Alcuni ricercatori hanno sfruttato l’idea per mettere a punto un nuovo farmaco capace di controllare, nell’organismo, il colesterolo Ldl, quello cosiddetto cattivo: si chiama inclisiran, è a base di siRna (“si” sta per “short-interfering”) e blocca la sintesi di una proteina/enzima (chiamata PCSK9) che impedisce la distruzione, da parte del fegato, del colesterolo Ldl (quello”cattivo”). E sembra funzionare, come ha riportato il New England Journal of Medicine in un articolo, accompagnato da un editoriale firmato da ricercatori inglesi e americani.

Lo studio
«Lo studio del New England è molto promettente, ma molto preliminare — commenta Andrea Di Lenarda direttore del Centro cardiovascolare dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste e Presidente dell’Anmco, Associazione Nazionale dei cardiologi ospedalieri —. Ha dimostrato, su volontari sani, che gli si-Rna possono ridurre la sintesi del colesterolo Ldl dal 50 al 75 per cento fino a sei mesi dopo la loro somministrazione (sottocutanea, ndr), permettendo così una maggiore aderenza alla terapia. «Altro vantaggio —prosegue Di Lenarda — il costo potrebbe essere molto contenuto perché la loro produzione è relativamente semplice. Stiamo, però, parlando di una terapia che richiederà ancora anni di verifiche».
Come funziona
Dopo uno sguardo al futuro, ritorniamo al presente e alle terapie attuali. La proteina/enzima PCSK9 è lo stesso bersaglio di un’altra categoria di farmaci, che sta suscitando molto interesse ed è appena entrata in commercio anche in Italia con due prodotti: alirocumab e evolocumab, mentre un terzo, il bococizumab, è uscito di scena . «Sono anticorpi che “neutralizzano” l’enzima PCSK9 e sono in grado di ridurre del 50 per cento il colesterolo, se associati alle statine. Vanno somministrati sottocute una o due volte al mese — precisa Di Lenarda —. In Italia sono già disponibili in fascia C, cioè a pagamento, e si è in attesa delle decisioni dell’Aifa (l’Agenzia italiana per il farmaco) che dovrà stabilire le indicazioni per le quali questi farmaci saranno rimborsati dal Sistema sanitario nazionale». Dato il loro costo elevato (tanto per avere un’idea: negli Stati Uniti si parla di 14 mila dollari all’anno. Troppi, tanto che alcune compagnie americane di assicurazione stanno rifiutando il rimborso), si può ipotizzare che saranno disponibili per i pazienti con ipercolesterolemie familiari ad alto rischio cardiovascolare e per chi, sempre a rischio molto elevato (che ha, cioè, già avuto un evento cardiovascolare, come un infarto o un ictus) è intollerante alle statine o non riesce a raggiungere livelli ottimali di Ldl con le statine al massimo dosaggio e l’aggiunta di ezetimibe (un farmaco che ne potenzia l’effetto riducendo l’assorbimento intestinale di colesterolo).
Le statine sempre efficaci
E che cosa si prevede per gli altri pazienti con ipercolesterolemie meno importanti? «Ci sono sempre le statine, farmaci eccezionali e ancora attualissimi» ricorda Di Lenarda. Sono farmaci di sintesi, in commercio da vent’anni e ormai tutti generici (tranne uno, la rosuvastatina, ma per poco ) e quindi a basso costo: un anno di terapia si aggira attorno ai cento-centocinquanta euro. «Le statine sono assolutamente efficaci — continua Di Lenarda — Hanno dimostrato, in centinaia di studi, di ridurre, nei pazienti con elevati livelli di colesterolo, la mortalità del 30-40 per cento. Poi sono ben tollerate: soltanto un dieci per cento di persone presenta dolori muscolari che ne suggeriscono la sospensione. Ma purtroppo sono mal utilizzate: nonostante le linee-guida promosse anche dall’Anmco con la collaborazione di 16 società scientifiche e dell’Istituto Superiore di Sanità, spesso vengono prescritte statine sbagliate (differenti molecole hanno efficacia diversa, ndr) e a dosaggi inappropriati in rapporto alle situazioni che si vogliono tenere sotto controllo». Un’ultimissima osservazione: anche le statine, in quanto farmaci, vanno utilizzate per ridurre il colesterolo in eccesso quando altri sistemi hanno fallito. Da non dimenticare che in prima linea, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nella riduzione di uno dei suoi fattori di rischio principali, e cioè gli elevati livelli di Ldl, c’è sempre l’igiene di vita: dieta corretta ed esercizio fisico. Non si finirà mai di ripeterlo.
www.corriere.it/salute/cardiologia/17_gennaio_27/nuovi-farmaci-contro-colesterolo-che-agiscono-dna-via-sperimentazioni-34114f66-e47e-11e6-bab2-81c2e6263b...
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