Cristiani, ebrei e musulmani possono pregare insieme? Sì, ma solo a queste condizioni

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Tommaso de Torquemada
00giovedì 30 giugno 2016 21:36
.aleteia.org
A Berlino nascerà per le tre fedi abramitiche la "Casa dell'Uno". Mentre in Italia potrebbe sorgere un luogo simile lungo la Salerno-Reggio Calabria



Cristiani, ebrei e musulmani possono pregare insieme? Si, ma solo a queste condizioni

L’idea della “Casa dell’Uno” di Berlino si può realizzare ma facendo attenzione agli spazi. E in Italia ne potrebbe sorgere una lungo la Salerno-Reggio Calabria

Una chiesa, una sinagoga e una moschea sotto uno stesso tetto. Un sogno che diventerà presto realtà nella capitale tedesca, dove le tre grandi fedi che si rifanno ad Abramo – cristianesimo, ebraismo e islam – avranno per la prima volta uno spazio comune dove incontrarsi e pregare. Un simbolo di pace, in un mondo dove fanatismo e intolleranza avanzano in modo sempre più deciso. Questo è il messaggio della House of One, ‘la Casa dell’Uno’, così chiamata in onore del Dio unico che contraddistingue e accomuna i tre monoteismi (La Stampa, 2 giugno).

Guarda il VIDEO con il progetto della Casa dell’Uno

Caso unico al mondo, si avrà un edificio che combina tre spazi separati per la preghiera, uno per ciascuna religione, insieme a uno spazio comune di incontro che farà da raccordo al centro. Dall’esterno, nessun tratto distintivo come croci, campanili o minareti, ma solo una struttura moderna che ambisce a fare dell’inclusività il suo segno. Ad ora è stato raccolto più di un milioni di dollari attraverso donazioni spontanee per la realizzazione dell’edificio.

Per capire che cosa ci aspetta una volta ultimati i lavori, sono utili le parole del pastore Gregor Hohberg – uno dei promotori del progetto – riportate sul sito della House of One: «Le persone che verranno qui resteranno fedeli alla propria religione, continuando ad attingere dalla sua forza e impegnandosi in un dialogo pacifico tra loro e con i membri della popolazione laica della città. Questo edificio sarà la casa dell’uguaglianza, della pace e della riconciliazione».

PRIMO PROBLEMA: IDEALISMO

Don Cristiano Bettega, Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), solleva tre ordini di problemi che sorgono quando si tentano di realizzare edifici del genere.

«Il primo è l’aspetto idealistico – spiega don Cristiano ad Aleteia -: ben venga la volontà di costruire spazi in comune, ma poi bisogna vedere se praticamente cristiani, ebrei, musulmani sono realmente disposti a pregare nello stesso edificio. Altrimenti si resta fermi semplicemente a qualcosa di simbolico che colloca in una stessa struttura simboli architettonici e artistici delle tre religioni come, ad esempio, il candeliere a sette braccia tipico dell’ebraismo, la croce cristiana, la mezzaluna dell’islam».

SECONDO PROBLEMA: GLI SPAZI

«L’altro ordine di problemi – continua il responsabile per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI – riguarda l’organizzazione degli spazi. Per quel che posso vedere io, credo che separarli sia fondamentale. Il medesimo luogo utilizzato dalle tre confessioni è molto difficile. Gli ebrei non pregheranno mai in uno spazio sacro destinato ad altri. Se entrano in chiesa lo fanno uno per volta, in sordina, togliendo prima la kippah. Un cristiano, invece, può entrare in una sinagoga e può anche recitare una preghiera ma, nel rispetto del luogo sacro per gli ebrei, deve farlo senza farsi sentire, quindi non a voce alta. Così avviene anche se un cristiano entra in moschea: non può mettersi a pregare pubblicamente, basti ricordare l’atteggiamento composto e silenzioso di Papa Francesco quando è entrato in moschea ad Istanbul».

TERZO PROBLEMI: GLI ORTODOSSI

Se ci sono accortezze di cui tener conto nei luoghi di preghiera delle tre fedi, sorge un terzo ordine di problemi tra gli stessi cristiani. «E’ tutto da vedere se le tre famiglie cristiane (ortodossi, protestanti e cattolici) sarebbero disposti a utilizzare uno spazio sacro in comune. Se si tratta semplicemente di una preghiera può essere più facile, se però si dovesse trattare di celebrare (eucaristia, cena del signore, culto…) potrebbero sorgere ulteriori problemi, legati anche alla disposizione del luogo: una chiesa cattolica, una chiesa ortodossa, una chiesa protestante non sono affatto uguali».

SEPARAZIONE BEN VISIBILE

Dunque, conclude Don Cristiano, «a mio avviso la struttura potrebbe essere dotata di un atrio, un porticato, e poi tre stanze separate, che si aprono attraverso porte autonome e non comunicanti tra loro. In un contesto del genere, vedo come maggiormente possibile un progetto simile».

LUNGO LA SALERNO-REGGIO CALABRIA

Il sacerdote fa presente che in sede non ecclesiale, sta nascendo un’idea tutta italiana di luogo per la condivisione della preghiera.

L’iniziative è dell’Anas, la società che si occupa della realizzazione e manutenzione delle strade in Italia. «Lungo la Salerno-Reggio Calabria, che una volta ultimata si chiamerà “Autostrada del Mediterraneo“, si intende creare un luogo della memoria per ricordare le tante persone che sono morte in questi anni su questa autostrada, persone non solo di religione cattolica, ma anche ortodossa, musulmani».

CEI e Anas si sono incontrate per definire la tipologia di edificio. «Durante questo incontro si è pensato di allargare il luogo a tutte le religioni storiche del Mediterraneo, quindi ebrei, cristiani, e musulmani, considerato anche il nome che assumerà l’autostrada. Diventerebbe così un edificio dedicato alla preghiera e al ricordo delle tre fedi monoteiste».

ESPERIENZE “PRECARIE”

Don Paolo Tomatis, Direttore dell’Ufficio di Pastorale Liturgica dell’Arcidiocesi di Torino e docente di Liturgia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, fa notare che esperienze passate di condivisioni di luoghi di preghiera sono state per lo più precarie e motivate dalla mancanza di spazio. «Si è tentato di crearle in aeroporti, navi da crociera, ospedali. Quella ufficializzata a Berlino sembra una proposta più seria, capace di evitare, con la separazione dei luoghi, qualsiasi pericolo di sincretismo».

LO SPIRITO DI ASSISI

Don Paolo sottolinea la delicatezza che si manifesta nell’incontro tra religioni diverse. Che è un principio da marcare a chiare lettere. «Bisogna incanalarsi nello spirito di Assisi, quando nel 1986 Giovanni Paolo II portò al massimo grado la possibilità non tanto di una preghiera in comune, quanto di uno stare insieme per pregare, partecipando gli uni alla preghiera degli altri. Si tratta di uno spirito che va maturando anche in ambito cristiano, nelle settimane di preghiera ecumenica, nelle veglie di Pentecoste ecumeniche interconfessionali, dove invece è possibile una comune preghiera».

PREGHIERA INTERCONFESSIONALE

E proprio da quest’ultimi esempi potrebbe nascere un modello per l’ecumenismo. «Il progetto di una preghiera non interreligiosa ma interconfessionale, per alcuni aspetti è più semplice, per altri più complesso, ma può essere molto indicativo. La celebrazione non può essere quella di una messa, ma di un semplice incontro di preghiera – precisa il responsabile della Pastorale Liturgica della diocesi di Torino – e può avvenire in due modi».

INCONTRO “APERTO”

Il primo: «Una celebrazione di preghiera a cui tutti possono partecipare in maniera aperta. Un evento del genere è organizzato con il saluto dei rappresentanti delle religioni presenti, ad esempio cristiani cattolici e cristiani protestanti. Si fa il segno della croce, si officia la liturgia della Parola, si cantano salmi, ricercando canti accessibili a tutti e forme condivise di preghiere e gesti».

INCONTRO DI “PREGHIERA ALTRUI”

Il secondo tipo di incontri interconfessionali avviene con la partecipazione alla «”preghiera altrui”. Ad esempio: un cattolico che si reca ad una celebrazione ortodossa, può partecipare alla preghiera con il canto, magari con l’aiuto di sussidi che gli vengono consegnati, oppure semplicemente assistendo, ad esempio ad un vespro in lingua slava, ascoltando con attenzione e rispetto».
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