di indebitati.it
Nel giudizio promosso per l’accertamento della paternita' naturale, il rifiuto di sottoporsi ad indagini ematologiche, anche in mancanza di prova dell’esistenza di rapporti sessuali fra le parti, costituisce un comportamento valutabile da parte dei giudice, di cosi' elevato valore indiziario da potere, anche da solo, consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda.
Da tale affermazione di principio non deriva, peraltro, né una restrizione della liberta' personale del preteso padre, che conserva piena facolta' di determinazione in merito all’assoggettamento o meno ai prelievi, né una violazione del diritto alla riservatezza, essendo rivolto l’uso dei dati nell’ambito del giudizio solo a fini di giustizia, laddove il sanitario, chiamato a compiere l’accertamento, e' tenuto al segreto professionale ed al rispetto dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali.
In pratica, la mancanza di una prova certa in merito alla sussistenza di una relazione tra il presunto padre e la madre non comporta che debba ritenersi insussistente la prova in ordine alla paternita' del presunto padre e percio' inadempiuto l’onere della prova che incombe su chi reclama la qualita' di figlia naturale.
Questo il convincimento dei giudici della Corte di cassazione, messo nero su bianco nella sentenza 13885/15.
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