AVVENIRE METTE L'ELMETTO CONTRO I 'CATTIVISTI'

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Tommaso de Torquemada
00lunedì 8 agosto 2016 14:25
di GIUSEPPE RUSCONI www.rossoporpora.org – 2 agosto 2016
Perle ’enormi’ colte negli ultimi giorni tra le pagine del quotidiano galantino della Conferenza episcopale italiana. La regina delle enormità l’ha scritta il direttore, di elmetto bardato.



Anche ‘Avvenire’ va in battaglia. Non è una sorpresa e neppure una novità. Da anni ‘Avvenire’ si batte non con semplici slogan ma sfoderando tutta una serie di argomenti razionali contro la legalizzazione della droga, contro il dilagare del gioco d’azzardo, sulla vicenda criminale della ‘terra dei fuochi’. Battaglie tutte proprie di chi (credente o non credente) ha a cuore le sorti della società: non sono dunque di per sé battaglie ‘cattoliche’, ma civili.

In questi giorni ‘Avvenire’ invece ha dedicato pagine e pagine a quello che il mite portavoce della Cei, don Ivan Maffeis, trasfigurandosi ha definito “un gesto enorme”: l’invito che alcuni esponenti musulmani di Francia e d’Italia hanno fatto ai loro adepti di partecipare (pochi, pochissimi in realtà) alle sante messe di domenica 31 luglio in segno di solidarietà con il mondo cattolico dopo l’orribile assassinio di padre Jacques Hamel nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray presso Rouen. “Un gesto enorme” - dunque di dimensioni gigantesche, ben al di là del ‘grande’- che ‘Avvenire’ ha lodato anche martedì 2 agosto come “un primo abbraccio di svolta”.

‘Enorme’ il gesto lo è stato, non nel senso di ‘Avvenire’ ma di una tanto masochistica quanto spensierata irresponsabilità, frutto di buone intenzioni e nel contempo di gravi lacune religioso-culturali. Che si è fatto a Santa Maria in Trastevere? Un imam ha cantato un versetto del Corano. Lo stesso Corano è stato proclamato nella cattedrale barese di San Sebino, mentre a Ventimiglia si è offerto un pezzo di pane ai musulmani presenti (verosimilmente in ‘sostituzione’ dell’ostia).



IL MONITO ANTICO DELL’ARCIVESCOVO GIUSEPPE GERMANO BERNARDINI

Prima di darvi la possibilità di gustare qualche ‘perla’ recente dell’ ‘Avvenire’ galantino, vogliamo qui ricordare tre passi dell’intervento (fondato su un’esperienza di 42 anni in Turchia) fatto nel Sinodo sul Medio Oriente del 1999 dall’allora arcivescovo di Smirne Giuseppe Germano Bernardini. Primo: “E’ un fatto che termini come ‘dialogo’, ‘giustizia’, ‘reciprocità’ o concetti come ‘diritto dell’uomo’, ‘democrazia’ hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro”. Secondo: “Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta, ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni”. Terzo: “Termino con un’esortazione che mi è suggerita dall’esperienza: non si conceda mai ai musulmani una chiesa cattolica per il loro culto, perché questo ai loro occhi è la prova più certa della nostra apostasia”.

Parole pesanti che il presule cappuccino (dei cui genitori Sergio e Domenica sono state riconosciute le virtù eroiche il 6 maggio dell’anno scorso) volle confermarci in un incontro avuto a margine dell’Assemblea della Cei del maggio 2003: “Noi cattolici dobbiamo capire che, ‘cedendo’ un luogo sacro ai musulmani, togliamo ai loro occhi validità alla nostra fede, perché la chiesa è il luogo della fede” (vedi “Il Consulente RE’, luglio-agosto 2003).



AFFLATO POETICO E ENORMITA’ TEOLOGICHE

Veniamo allora ad alcune ‘perle’ avveniristiche. Nell’editoriale di venerdì 29 luglio 2016 osserva tra l’altro Marina Corradi, scrivendo del ‘gesto’ con afflato poetico affogato in un entusiasmo da neo-convertita: “Sarebbe una cosa grande. (…) Sarebbe una solidarietà benefica, come pioggia sulla terra resa arida da spietati e folli seminatori di odio, mentre le grida degli xenofobi e degli ipernazionalisti tendono a identificare tutti gli islamici del mondo con il ‘nemico’ “.

Ma c’è di più. L’editoriale di sabato 30 luglio è affidato alla penna di Angelo Scelzo (fino a poco fa vicedirettore della Sala Stampa vaticana), fin qui considerato generalmente come la Cautela fatta carne… mai un tono sopra le righe. Già il titolo incute paura: “I profeti dell’incubo”. Che seguirà? Una bozza di horror? L’esordio promette scintille: (a papa Francesco) “ alcuni – i soliti noti- riservano critiche , e qualcosa di più e di peggio. Ingenuo e buonista sono i termini, nel caso migliore, che delimitano il campo da una deriva oltre la quale si arriva all’insulto”.

Scelzo però si supera (ma Angelo, che mi scrivi??? Dov’era il tuo Angelo custode? Si era appisolato?) poco dopo, quando rileva che “l’arma bianca (era) nelle mani di giustizieri su un altare dove la violenza profanava insieme Vangelo e Corano, le preghiere del sacrificio eucaristico e i versi di un Libro presi a pretesto per una nuova barbarie”. Quanto a simili enormità (sacrileghe), c’è poco da dire se non esortare: per favore, Angelo, prenditi il tempo necessario per leggere una volta con calma il Corano!



ENORMITA’ E VERGOGNA

Ma c’è (ancora) di più: a pagina 2 sempre di Avvenire del 30 luglio, il direttore galantino risponde a un lettore che giustamente si chiede: “C’è ancora un popolo in Europa che è in grado di reagire o si è tutto interamente bruciato tra buonismo, giochi sul cellulare e spinelli legalizzati?”. Quando il direttore galantino percepisce l’accusa a lui rivolta di ‘buonismo’, reagisce come morso da una tarantola: corruga la fronte, aggrotta le ciglia, arriccia il naso, storce la bocca ... si mette l’elmetto e pigia sui tasti, mentre gli affiora nella mente l’idea per lui (come per il segretario generale della Cei) insopportabile che l’accusa venga da qualche esecrato spirito leghista. Leggiamo il direttore galantino nella risposta al lettore: “ma non riesco proprio a prendermela come fa lei con il ‘buonismo’… E’ il ‘cattivismo’ il problema del mondo, gentile lettore, non il ‘buonismo’…

A questo punto il Marco furioso, di spirito francescano innato, esplode: “Bisogna ricominciare a dirlo chiaro e tondo: i ‘cattivisti’ (politici, giornalisti, mercanti di armi, agit-prop…) sono fratelli e complici dei terroristi delle bombe, dei coltelli e della parola”. Qui l’irrefrenabile (come il suo datore di lavoro) direttore galantino – l’ampolla del cui cervello è stata graziosamente depositata nell’ufficio del segretario generale della Cei – dice due enormità, di cui si dovrebbe vergognare (temiamo solo quando qualcuno gli avrà recuperato l’ampolla).

La prima: associa ai ‘mercanti d‘armi’ politici e giornalisti che cercano di ragionare sui fatti della vita e anche su quanto succede nel mondo cattolico… ra-gio-na-re!. La seconda: rileva che tali politici e giornalisti sono “fratelli e complici dei terroristi delle bombe, dei coltelli e della parola”. Che il direttore galantino del quotidiano espressione della Conferenza episcopale italiana scriva tali enormità è fatto grave. Che dice molto della deriva tanto penosa quanto preoccupante cui si è piegata anche una parte della Chiesa italiana, guidata de facto dal proconsole - iracondo, verboso assai lacunoso ecclesialmente e culturalmente, membro di una triade di successo con Boldrini e Boschi - di un Papa che, ahimè, non fa altro de facto che accrescere smarrimento, confusione, amarezza in molti (sì, direttore galantino, molti… e tu lo sai, se guardi i messaggi che ti arrivano!) cattolici fin qui praticanti. E pensanti, secondo il disegno di Dio, che il cervello ce l’ha dato per farlo funzionare.
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