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Il trionfo della pederastia di Stato come trionfo del cattocomunismo

Ultimo Aggiornamento: 06/03/2016 18:38
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di Patrizia Fermani
26 febbraio 2016



L’abbraccio mortale tra postcattolicesimo e comunismo di risulta ha coronato una carriera segnata, col trionfo della pederastia di Stato e di “cultura”. Esito scontato data la qualità dei protagonisti e di certi presunti antagonisti, nonché di quanti per dovere di ufficio avrebbero dovuto essere i difensori della legge di Dio, ma non sono più disposti a sacrificarsi per la propria Fede come le vittime dell’Islam, al quale del resto essi rendono ossequioso omaggio.

Dunque, nulla di inatteso nel successo della pederastia di regime, dato lo stato di decomposizione di una ex-nazione senza altra sovranità che quella della ideologia del potere al servizio dei padroni esterni. Un successo della follia paradossalmente salutato oggi come un successo proprio, anche da quelli che avevano preteso di esserne i coscienziosi oppositori, a tutela del bene, della famiglia e del suo futuro. Ma non è adesso il caso di parlare della nullità morale e culturale che aleggia su una scena pubblica affollata, anche fuori dalle stanze parlamentari, da analfabeti in senso morale, e spesso anche in senso letterale, da professionisti del compromesso, da arrivisti o insipienti di ogni colore, in tutti i casi da mezzecalzette. Uno scenario politico in senso lato che non riesce neppure a riprodurre lo schema tetradico fissato dalla sociologia mafiosa: uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraqua, perché tutto il palcoscenico sembra occupato con prevalenza schiacciante dagli appartenenti all’ultima categoria, con semplici sfumature caratteriali che vanno dalla protervia del boy scout alla indistinzione protoplasmatica dei compagni di merende, dichiarati e no.

Ciò che appare tremendamente chiaro alla fine di questa tragica storia è anche la definitiva dissoluzione di una sedicente chiesa cattolica che, non professando più una vera religione, non trasmettendo più alcun valore autenticamente cristiano, è solo capace di riproporre come propri quelli già falsificati da altri. Una finta chiesa che è la quinta colonna della ideologia nichilista marcusiana, rivestita degli abiti finto povero del marxismo borghese, e che ha mostrato chiaramente di essere stata il fattore omissivo determinante per la ascesa inesorabile del potere pederastico. Questa finta chiesa va abbandonata e smascherata, prima che svenda anche gli edifici di culto come ha svenduto la dottrina cattolica. Deve essere respinta nel magazzino delle cianfrusaglie verbali e ideologiche in cui sta amministrando bassi interessi di bottega, deve essere abbandonata nelle sabbie mobili dove sta trascinando da tempo tanta gente confusa che per sopravvivere allo sconforto ha continuato a sperare inutilmente di avere un punto di riferimento ideale in cui riporre la propria fiducia. Questa gente, rimasta per troppo tempo ancora fiduciosa, dovrebbe rendersi conto finalmente delle enormi responsabilità di una falsa chiesa che contribuisce al dilagare della follia in ogni ambito della vita collettiva e al disarmo morale di un popolo. Una falsa chiesa da abbandonare alla propria inevitabile rovina perché è diventata più dannosa che inutile per tutti.
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“Una falsa chiesa da abbandonare”. Una precisazione di Patrizia Fermani
29 febbraio 2016

L’articolo di Patrizia Fermani, “Il trionfo della pederastia di Stato come trionfo del cattocomunismo”, pubblicato il 26 u.s., ha suscitato vivo interesse. Diversi lettori nei loro commenti si sono soffermati sulla frase di chiusura dell’articolo: “Una falsa chiesa da abbandonare alla propria inevitabile rovina perché è diventata più dannosa che inutile per tutti”. Per chiarire meglio il suo pensiero, l’Autrice indirizza ai lettori questa precisazione, che volentieri pubblichiamo:



Cari lettori,

comprendo come la parola “abbandono” riferita alla chiesa possa avere sollevato forti perplessità, e questo lo avevo messo in conto. Tuttavia, come avete potuto osservare, mi sono sempre riferita a quella chiesa che, abbandonando per prima il proprio ruolo di guida deputata a trasmettere fedelmente tutto il depositum fidei, può essere considerata soltanto una falsa chiesa. Allo stesso modo in cui considereremmo falso l’ambasciatore che consegnasse un messaggio diverso da quello che gli è stato affidato.

Questa falsificazione, che è usurpazione di potere, in atto già da tempo, si è manifestata nella ultima tragica vicenda che stiamo vivendo, in modo ineludibile. La questione della famigerata Cirinnà non è un fatto qualunque di malcostume di cui la chiesa poteva decidere di non occuparsi direttamente, magari in base a considerazioni di opportunità latu sensu “politiche”. La consacrazione giuridica di una aberrazione scellerata è anzitutto un attacco radicale alla legge della creazione, cioè a quanto ci sovrasta perché posto per l’uomo da “Colui che è”.

Ambrogio costrinse il grande Teodosio ad una penitenza di otto mesi per il delitto di cui si era macchiato con la strage di Tessalonica. Un delitto contro la legge di Dio perpetrato attraverso la violazione delle Sue creature. Ma anche l’oscena legge appena varata a beneficio di questo infelice paese, travolgendo la legge naturale, ha come vittima l’uomo, incarnato nei tanti innocenti che direttamente o indirettamente subiranno la violenza di una follia imposta come normalità di vita. Una follia che travolgerà un numero indeterminato di vite umane anche se in modo apparentemente incruento, attraverso lo sconvolgimento delle regole fondamentali dell’esistenza.

La chiesa che di fronte a questo scempio, tace, nicchia, strizza l’occhio o addirittura prepara la propria ricetta di compromesso come ha fatto anche per bocca di certi suoi uomini di rango, ha tradito il proprio mandato. Come avrebbero reagito un Ambrogio o un Gregorio o un Leone, lo possiamo immaginare. Noi che questo scempio dovremo affrontarlo ogni giorno, cercando disperatamente di mettere in salvo un piccolo lembo di vita buona per i più giovani e indifesi, siamo come quelli ammazzati a Tessalonica, senza che nessuno ci presti soccorso neppure morale, e senza che sugli autori di tanto misfatto sia caduto un anatema irrevocabile.

Quanto al dovere di obbedienza, esso finisce, per norma comunemente riconosciuta, di fronte al l’ordine illecito. Ambrogio, solo esigendo l’obbedienza a Dio da parte dell’imperatore, avrebbe poi potuto esigere dal gregge l’obbedienza al proprio vescovo. Così può essere richiesta obbedienza soltanto dal pastore che guida al bene e alla salvezza. E se è sempre più difficile individuare buoni pastori, dovremo rassegnarci alla condizione in cui tanti cristiani sono stati costretti a vivere e sopravvivere ad esempio sotto l’impero sovietico. Allora i fedeli si sono dovuti adattare a professare la fede nei termini minimi consentiti dalla clandestinità. Una condizione descritta in modo commovente da Monsignor Schneider, che attraverso i ricordi infantili ci ha trasmesso in un piccolo libro prezioso tutta la profondità della fede vissuta con grande coraggio da una piccola comunità sperduta ai confini di quell’impero.

Patrizia Fermani
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