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Se la macchina del fango entra nel confessionale

Ultimo Aggiornamento: 20/03/2015 22:08
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20/03/2015 22:08
 
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di Luigi Santambrogio
13-03-2015


Le Iene fanno scuola, sì’ quelle di Mediaset che mischiano il loro giornalismo cabaret con inchieste da capitan Fracassa e assalti alle vittime come gli estorsori paparazzi di Corona. Ma anche quelle con la “i” minuscola, rabbiosi cagnacci della savana che si tuffano a piene zanne sulle carogne. Così ha fatto il Quotidiano Nazionale, gruppo che edita le testate Giorno, Resto del Carlino e Nazione: un’inchiesta in quattro puntate su quel che succede nel segreto confessionali italiani: i peccati commessi, il commento dei sacerdoti, le penitenze comminate Tutto virgolettato e pubblicato. Ma pure tutto falso e inventato. Solo per vedere l’effetto che fa e cippirimerlare con un doppio colpo sacerdoti e lettori.

L’articolo però, nonostante la truffa, non riusciva bene perché i preti non sono stati al gioco. Risposte impeccabili come magistero comanda e Catechismo insegna, anche alle domande più maliziose e piccanti della finta penitente. Insomma, alla fine non c’era titolo, come si dice nel gergo. No problem, il direttore ha rimediato con chili di pepe e panna montata sparati a tutta pagina, secondo le più classiche regole del giornalismo cialtrone. «Vai dallo psicologo», avrebbe intimato un confessore alla ragazza lesbica che cerca Dio, poi se si va a leggere si trova invece tutta la tenerezza del pastore che non ha la risposta per tutto, ma che accoglie e fa suo il problema altrui. Un altro titolo parla di «Sacerdote irremovibile» che esclude la divorziata: «Non voglio scandali»! Ma alla giornalista aveva detto tutt’altro: «Quando la vita finisce non ci si pone davanti alla Chiesa ma davanti a Dio, è a Lui che dobbiamo rendere conto delle nostre azioni».

«Quando il direttore mi ha proposto questo lavoro ero molto perplessa», racconta Laura Alari, la peccatrice per finta, «perché sono cattolica e sapevo che violavo un sacramento. Ma lui ha insistito e così ho deciso che fingere in confessionale era l’unico modo per capire senza filtri cosa succede oggi nella Chiesa». Com’è buono il direttore e quanto è brava la reporter cacciatrice. Proprio quel che si dice una giornalista dalla schiena dritta e dai saldi principi. Per capire la Chiesa, basta travestirsi da lesbica o divorziata e poi farsi il selfie. Se riesce sbiadito, c’è sempre il fotoritocco in redazione.

Embè, è la stampa bellezza, le avrà detto da Bologna il dottor Andrea Cangini, il megadirettore delle testate unite, sentendosi un po’ a Humphrey Bogard e un po’ a Robert Redford. Comunque un tipo con tanto pelo sullo stomaco da ricoprire uno scimmione. Il sacramento violato e il prete raggirato? Che volete che sia: il diritto di cronaca vien prima di tutto, anche di Dio. Lui insiste: «Se intervisti chiunque nell’esercizio delle sue funzioni, avrai risposte la cui veridicità sarà dubbia. Così, forzando le cose, potevamo sapere come il parroco medio si pone». Quando si dice il giornalismo di inchiesta. E poi, chissenefrega che così si fa a pezzi ogni deontologia e si offende il sentimento di milioni di cattolici. Per il Bogard della piadina, quando «un giornalista è d’inchiesta quasi sempre vìola la deontologia, fa parte del nostro lavoro. E poi, il valore di un sacramento è tale per chi lo riconosce, per chi ha fede. E non è il mio caso». Insomma, pure il direttore medio Cangini s’è iscritto al club dei “Je suis Charlie”, sezione Romagna mia.

Stia quindi a cuccia l’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, che si è permesso di alzare la voce contro la truffa in confessionale, “delitto” che la Chiesa giudica grave. D’accordo il direttore ateo se ne farà un baffo, ma la reporter sedicente cattolica? La confessione divulgata a mezzo stampa si può incorrere in una vasta gamma di pene, compresa la scomunica. Ecco un buon argomento che la catto-giornalista farlocca potrebbe approfondire con un reportage a costo zero. Basterà che lo chieda al suo confessore, ma sarà difficile, dopo quanto ha combinato, che qualcuno la prenda ancora sul serio. “Perdonatemi padre perché ho peccato”. Ma va là patacca, che siamo mica su scherzi a parte!

Però, più che la poveretta, è su quel direttore che ha spacciato fango per cioccolato che dovrebbe ricadere l’iraddiddio. Non quella divina (non subito, almeno) ma quella laica e aconfessionale dell’Ordine dei Giornalisti. Che dovrebbe chiedersi chi ha dato la patente di giornalista a uno così che dichiara bellamente di impiparsene della deontologia professionale e si arroga il diritto di estorcere “confessioni” e non ottenendole se le inventa. perché tanto lui non ci crede. Basterebbe questo a incriminarlo per corruzione di giornalisti, atti osceni davanti agli stagisti e vilipendio della ragione. Le regole dell’Ordine non consentono di nascondere la propria identità né di agire sotto mentite spoglie, se non quando la vita del giornalista è in pericolo. Non è certo il caso della cronista del Qn che a questo punto, prima che dalla giustizia divina (lei dovrebbe crederci) dovrebbe essere sanzionata, insieme al suo direttore, da quella dell’Ordine dei Giornalisti. Val la pena ricordare che con ìaltri direttori l’Ordine è stato inflessibile e Magdi Allam addirittura espulso (poi riammesso) per offesa all’islam. Ma chi si fa beffe dei sacerdoti e di una sacramento della Chiesa cattolica può passarla liscia? L’Ordine risponda.
Fonte
www.lanuovabq.it/it/articoli-se-la-macchina-del-fango-entra-nel-confessionale-1...


Mio commento
E' evidente che per fare scoop non si guarda in faccia a nessuno, si calpestano sentimenti e fede, la cosa è più grave quando a prestarsi al gioco è una "Cattolica" (a suo dire).

La giornalista Laura Alari afferma " perché sono cattolica e sapevo che violavo un sacramento. Ma lui ha insistito e così ho deciso che fingere in confessionale era l’unico modo per capire senza filtri cosa succede oggi nella Chiesa"

La signora Alari ha commesso un sacrilegio verso un "Sacramento", poiché la "Riconciliazione" è un sacramento, facendo una finta confessione e questo a prescindere (la motivazione è solo che banale), ed è incorsa ipso facto nella "latae sententiae", una auto-scomunica, la quale può essere revocata dall'ordinario diocesano o da lui preposto
Se la signora Alari, dovesse accedere agli altri sacramenti aggraverebbe la sua condizione di cattolica già grave di per se, ergo, il suggerimento è quello di parlare con il Vescovo, e di stare un poco più attenta la prossima volta, anche perché se è una brava giornalista di certo non verrà licenziata per non aver violato la propria fede.
Francesco
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"Cio’ che i Cattolici furono un tempo , noi lo siamo ora . Se noi abbiamo torto , allora anche i Cattolici hanno avuto torto per duemila anni . Noi siamo cio’ che un tempo siete stati voi. Noi crediamo in cio’ che voi un tempo credevate . La nostra fede e’ la stessa che un tempo avevate anche voi . Se noi abbiamo torto ora , avevate anche voi torto allora . Se avevate ragione voi allora , abbiamo ragione noi adesso".
Robert De Piante

“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger - Commentary on the documents of Vatican II, vol. V, p. 134, Herbert Vorgrimler - Ed. Herder and Herder)
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