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DIABETE E CELLULE PANCREATICHE

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 14:02
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Diabete e trapianto di cellule pancreatiche: una nuova speranza?
Posted: 22 Jan 2012 11:35 PM PST

Introduzione
Ricerca
Intervento
Rischi e benefici
Carenza di isole pancreatiche
Introduzione
Il pancreas è un organo delle dimensioni paragonabili a quelle di una mano, collocato dietro lo stomaco. Produce l’insulina e gli enzimi che aiutano l’organismo a digerire e utilizzare gli alimenti. All’interno del pancreas ci sono diversi agglomerati di cellule, detti isole di Langerhans. Le isole di Langerhans sono costituite da diversi tipi di cellule, tra cui ricordiamo le cellule beta che producono l’insulina.

L’insulina è un ormone che aiuta l’organismo a usare il glucosio per ricavare energia: il diabete si sviluppa se l’organismo non produce insulina a sufficienza e/o non è in grado di usare l’insulina correttamente, e quindi il glucosio si accumula nel sangue.

Nel diabete di tipo 1, un disturbo autoimmune, le cellule beta del sangue non producono l’insulina, perché il sistema immunitario le ha attaccate e distrutte. Chi è affetto da diabete di tipo 1 deve assumere ogni giorno l’insulina.
Il diabete di tipo 2, invece, di norma si manifesta con un disturbo detto insulinoresistenza, in cui l’organismo ha problemi a usare l’insulina correttamente. Con l’andare del tempo, inoltre, la produzione di insulina diminuisce, così molti pazienti affetti da diabete di tipo 2 alla fine dovranno assumere l’insulina.
Che cos’è il trapianto delle isole di Langerhans?
Il trapianto delle isole di Langerhans è un intervento sperimentale in cui vengono impiantate le isole ricavate dal pancreas di un donatore deceduto. Le isole vengono depurate, trattate e trasferite al destinatario. Una volta impiantate, le cellule beta delle isole iniziano a produrre e rilasciare l’insulina. I ricercatori auspicano che il trapianto delle isole di Langerhans aiuterà i pazienti affetti da diabete di tipo 1 a vivere senza la quotidiana iniezione di insulina.

Ricerca
Negli ultimo anni la ricerca ha compiuto passi importanti nel trapianto delle isole di Langerhans, dopo aver riportato le scoperte nel numero del giugno 2000 del New England Journal of Medicine, i ricercatori dell’Università dell’Alberta di Edmonton (Canada), hanno continuato a usare e perfezionare una procedura detta protocollo di Edmonton per il trapianto delle isole pancreatiche in un campione di pazienti affetti da diabete di tipo 1 difficile da controllare.

Nel 2005 i ricercatori hanno pubblicato i risultati del follow-up a cinque anni relativi a 65 pazienti che si erano sottoposti a trapianto nel loro centro, evidenziando che il 10 per cento dei pazienti è stato liberato dall’incombenza dell’iniezione quotidiana di insulina. La maggior parte delle persone considerate nel sondaggio, però, ha dovuto ritornare all’insulina, perché le isole trapiantate, nel tempo, hanno smesso di funzionare correttamente. I ricercatori, tuttavia, hanno notato che con il passare del tempo molti dei pazienti che si sono sottoposti al trapianto hanno ridotto la richiesta di insulina, hanno migliorato la stabilità dei livelli del glucosio e hanno avuto meno problemi di ipoglicemia (carenza di glucosio nel sangue).

Nel report annuale del 2006, il Registro dei trapianti dell’isole pancreatiche, finanziato dal National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney diseases, ha presentato i dati relativi a 23 programmi di trapianto di isole pancreatiche su 225 pazienti che si sono sottoposti a trapianto tra il 1999 e il 2005: secondo il report, i due terzi circa di chi ha ricevuto il trapianto hanno raggiunto la condizione di insulinoindipendenza (libertà dalle iniezioni di insulina per almeno 14 giorni consecutivi) nell’anno successivo al trapianto.

Altri dati del report, tuttavia, dimostrano che l’insulinoindipendenza è difficile da mantenere nel tempo. Sei mesi dopo l’ultima infusione di isole pancreatiche, più di metà dei pazienti non deve ricorrere alle iniezioni di insulina, ma nel follow-up a due anni dall’intervento, la percentuale scende a un terzo circa. Il report descrive anche altri vantaggi del trapianto, tra cui la diminuzione del ricorso all’insulina tra i pazienti che ancora ne hanno bisogno dopo il trapianto, il miglioramento del controllo del glucosio e la netta diminuzione del rischio di episodi di ipoglicemia grave.

Nel report del 2006 della ricerca internazionale relativa al trapianto di isole pancreatiche condotta dall’Immune Tolerance Network, i ricercatori hanno sottolineato il valore del trapianto per la guarigione dell’ipoglicemia non diagnosticata. Chi è affetto da questa malattia è più vulnerabile al pericolo dell’ipoglicemia, perché non è in grado di riconoscere quando i livelli di glucosio nel sangue sono troppo bassi. La ricerca ha dimostrato che anche solo il funzionamento parziale delle isole trapiantate è in grado di eliminare l’ipoglicemia non diagnosticata.

Intervento
Per asportare le isole dal pancreas del donatore deceduto, i ricercatori usano enzimi specializzati. Le isole sono molto fragili, quindi il trapianto deve avvenire entro brevissimo tempo dall’espianto.

Di solito il paziente riceve almeno 10.000 isole equivalenti per chilogrammo di peso corporeo, ricavate dai pancreas di due diversi donatori; i pazienti spesso devono ricevere due trapianti per raggiungere l’indipendenza dall’insulina. In alcuni trapianti è possibile usare una minore quantità di isole equivalenti ricavate dal pancreas di un solo donatore.

Il trapianto, di norma, viene eseguito da un radiologo, che usa i raggi X e le apparecchiature radiografiche per posizionare il catetere (tubicino di plastica) nella parte alta dell’addome e nella vena porta del fegato.

Le isole estratte dal pancreas del donatore vengono infuse nel fegato e dopo il trapianto le cellule beta delle isole iniziano a produrre e rilasciare l’insulina.

Le isole iniziano a rilasciare l’insulina dopo poco tempo dal trapianto tuttavia, per raggiungere la piena funzionalità e perché si sviluppino i vasi sanguigni ad esse connessi, ci vuole del tempo. Dopo il trapianto il medico vi prescriverà diversi esami per controllare il glucosio e dovrete continuare ad assumere l’insulina finché le isole non saranno perfettamente funzionanti.

Rischi e benefici
Lo scopo del trapianto delle isole di Langerhans è quello di infondere una quantità di isole tale da permettere il controllo del glucosio senza dover ricorrere alle iniezioni di insulina. Tra gli altri benefici ricordiamo il miglioramento del controllo del glucosio e la prevenzione degli episodi di ipoglicemia potenzialmente pericolosi. Se si controlla il glucosio, si riesce a rallentare o prevenire il peggioramento delle complicazioni connesse al diabete, ad esempio l’insufficienza cardiaca, i disturbi renali, le lesioni ai nervi o agli occhi: un trapianto riuscito è in grado di diminuire il rischio di queste complicazioni.
Tra i rischi del trapianto di isole pancreatiche ricordiamo quelli connessi al trapianto in generale (soprattutto le emorragie e la formazione di trombi) e gli effetti collaterali legati ai farmaci immunosoppressori che devono essere assunti per impedire al sistema immunitario di rigettare le isole trapiantate.
Farmaci immunosoppressori
Il rigetto è il problema più grave connesso ai trapianti: il sistema immunitario è programmato per distruggere i batteri, i virus e i tessuti che riconosce come “estranei” e tra di essi figurano anche le isole trapiantate. La risposta autoimmune che ha distrutto le isole originali del paziente che riceve il trapianto può ripresentarsi e attaccare anche le isole trapiantate.

Affinché le isole trapiantate continuino a funzionare sono necessari i farmaci immunosoppressori.

Il protocollo di Edmonton ha introdotto l’uso di una nuova combinazione di immunosoppressori (anche detti farmaci anti-rigetto) che comprende il daclizumab (Zenapax®), il sirolimus (Rapamune®) e il tacrolimus (Advagraf®, Tacni®, …).

Il daclizumab viene somministrato tramite flebo immediatamente dopo il trapianto e poi viene interrotto.
Il sirolimus e il tacrolimus, invece, sono i due farmaci principali che impediscono al sistema immunitario di distruggere le isole trapiantate e devono essere assunti per tutta la vita oppure fino a quando le isole non smettono di funzionare.
Questi farmaci hanno effetti collaterali significativi e gli effetti collaterali sul lungo periodo sono ancora in parte sconosciuti. Tra gli effetti collaterali immediati ricordiamo

le ulcere alla bocca,
i problemi dell’apparato digerente (come il mal di stomaco e la diarrea).
I pazienti possono riportare anche un aumento del colesterolo, ipertensione, anemia, affaticamento, diminuzione dei globuli bianchi, diminuzione della funzionalità renale e aumento della sensibilità alle infezioni batteriche e virali.

Se si assumono gli immunosoppressori, inoltre, aumenta il rischio di soffrire di tumore.

I ricercatori continuano a sviluppare e studiare modifiche al protocollo di Edmonton, tra cui l’uso di nuovi farmaci e di nuove combinazioni di farmaci progettate per diminuire il numero di isole trapiantate distrutte dalla terapia e favorire un impianto corretto nell’organismo del paziente. Queste terapie potrebbero aiutare i pazienti trapiantati ad ottenere una migliore funzionalità e una migliore durata delle isole trapiantate, con meno effetti collaterali.

Lo scopo finale è quello di arrivare alla tolleranza immunitaria delle isole trapiantate, cioè al fatto che il sistema immunitario del paziente smetta di riconoscere le isole trapiantate come corpi estranei. La tolleranza immunitaria, se acquisita, probabilmente può permettere ai pazienti di mantenere le isole trapiantate senza dover ricorrere all’immunosoppressione sul lungo periodo.

I ricercatori, inoltre, stanno cercando di mettere a punto nuovi approcci che permettano il trapianto senza dover ricorrere ai farmaci immunosoppressori. Una ricerca, ad esempio, sta testando il trapianto di isole racchiuse in uno speciale rivestimento che dovrebbe impedire il rigetto.

Carenza di isole pancreatiche
Un grave ostacolo alla diffusione del trapianto delle isole pancreatiche è la carenza di isole.

Ogni anno negli Stati Uniti si rendono disponibili circa 7.000 organi di altrettanti donatori, però meno della metà dei pancreas sono adatti per il trapianto o per la raccolta delle isole, e le isole possono essere impiantate solo in una piccola percentuale di pazienti affetti da diabete di tipo 1.

I ricercatori stanno studiando diversi approcci per la soluzione di questo problema, ad esempio il trapianto di isole da un unico pancreas, da una porzione di pancreas di un donatore vivo o dal pancreas dei maiali.

Si è provato a trapiantare le isole provenienti dai maiali in altri animali, come le scimmie, racchiudendole in una protezione o usando i farmaci antirigetto. Un altro approccio è rappresentato dalla creazione di isole a partire da altri tipi di cellule, ad esempio dalle cellule staminali. Sembra quindi che le nuove tecnologie possano contribuire alla creazione delle isole pancreatiche in laboratorio.

Traduzione ed integrazione a cura di Elisa Bruno

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Tratto da
Farmaco e Cura
Franco
[Modificato da francocoladarci 04/03/2012 14:02]
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"Cio’ che i Cattolici furono un tempo , noi lo siamo ora . Se noi abbiamo torto , allora anche i Cattolici hanno avuto torto per duemila anni . Noi siamo cio’ che un tempo siete stati voi. Noi crediamo in cio’ che voi un tempo credevate . La nostra fede e’ la stessa che un tempo avevate anche voi . Se noi abbiamo torto ora , avevate anche voi torto allora . Se avevate ragione voi allora , abbiamo ragione noi adesso".
Robert De Piante

“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger - Commentary on the documents of Vatican II, vol. V, p. 134, Herbert Vorgrimler - Ed. Herder and Herder)
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