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Se Cristo incontra il Dharma

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2015 12:23
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25/02/2015 12:23
 
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il dialogo è nel profondo - di IACOPO SCARAMUZZI
Dall'esperienza del missionario saveriano che coniuga Vangelo e Zen, a quella dei gesuiti che incontrano l'Oriente o del confronto tra monaci: sono ormai tante le esperienze di dialogo tra buddhismo e cristianesimo in Italia. Una via affascinante, ma non priva di difficoltà.


Tempo di meditazione.

Padre Luciano Mazzocchi sa bene cosa significa per un prete cattolico avvicinarsi al buddhismo. Nel corso dei suoi 72 anni questo missionario saveriano ha vissuto in Oriente, ha scoperto la spiritualità zen, l'ha portata in Italia. Ha animato centri di meditazione e dibattiti, ha affascinato centinaia di persone e ha anche incontrato qualche incomprensione – poi superata – con il Vaticano. «La Chiesa», afferma, «ha bisogno del buddhismo».


Alessio si occupa del giardino.

Padre Mazzocchi è stato missionario in Giappone dal 1962 al 1982. «Ho conosciuto lo Zen vivendo con la gente», racconta. «Capii che il buddhismo è un grande valore non solo per chi si professa buddhista o per chi vive in Oriente, ma più in generale per il cammino umano». Quando torna in Italia, Mazzocchi trascorre alcuni anni impegnato nella formazione dei futuri missionari; poi, al momento di tornare in Giappone, chiede invece al superiore di potersi occupare di «promuovere l'incontro con la spiritualità dello Zen». È il 1994 e il segretario della Commissione del dialogo interreligioso della Conferenza episcopale giapponese – l'attuale generale dei gesuiti Adolfo Nicolas – chiede a Mazzocchi di accogliere un gruppo di monaci zen in arrivo in Italia per conoscere il cristianesimo. Di lì a poco iniziano anche i primi guai. Mazzocchi fonda con il monaco buddhista Jiso Forzani il laboratorio di dialogo religioso "La stella del mattino". Ma nel 1996 la Congregazione per la dottrina della fede, guidata all'epoca da Joseph Ratzinger, notifica al vescovo di Lodi Giacomo Capuzzi le proprie riserve sul libro Il Vangelo e lo Zen scritto dal saveriano con Annamaria Tallarico e pubblicato dai dehoniani. Inizia una corrispondenza tra Roma e Lodi per chiarire i punti controversi. Nel 1998 sulla Civiltà cattolica appare un articolo col quale padre Giuseppe de Rosa critica la comunità di Mazzocchi. Il segretario dell'ex Santo Uffizio, all'epoca Tarcisio Bertone, oggi segretario di Stato vaticano, chiede di incontrarlo. All'incontro partecipano, oltre a Bertone e Mazzocchi, alcuni consultori della Dottrina della fede. «Al termine dell'incontro che durò due ore, uno dei consultori presenti esordì così: "Ci dica, padre, come mai il buddhismo, la religione del nulla, svuota le chiese nel Nord Europa! Perché attira così tanto? Cos'ha che manca al cristianesimo?" ». La vicenda si conclude, anche se non del tutto, quando nel 2000 l'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, scrive al vescovo di Lodi una lettera con l'approvazione «di massima» dell'esperienza di Mazzocchi. Rimane qualche dubbio sulla partecipazione eucaristica, che viene chiarita in seconda battuta. «Ciò ovviamente mi ha dato conforto », commenta Mazzocchi. «Il dialogo è fecondo anche fra arcivescovi e missionari».


Uno scorcio della villa che ospita la Comunità Vangelo e Zen di Desio.

Nel frattempo il missionario e il monaco Jiso Forzani proseguono per strade separate. Presentato al cardinale Carlo Maria Martini, il saveriano diviene cappellano della comunità cattolica giapponese di Milano, funzione che svolge ancora oggi. Contemporaneamente ha fondato una nuova comunità a Desio, Vangelo e Zen, dove da poco tempo abita con due giovani che hanno scelto questa particolare vita "monastica": Alessio, operaio che ora fa un corso di giardinaggio, e Raul, appena uscito dall'università. A loro dovrebbe aggiungersi prossimamente Paolo, impiegato, che svolge anche il ruolo di economo della comunità. «I giovani hanno sete di silenzio, mentre in tutto il frastuono della società non si percepiscono più», spiega Mazzocchi, che sottolinea l'intenzione di promuovere «una spiritualità che ha la sua sede nel laicato, nella gente che vive nella società, non in un eremo isolato». Oltre alle attività dell'orto e ai lavori che ognuno svolge, nella villa di Desio si medita, si studia, si ascolta il Vangelo, e il sabato la comunità apre le porte a chiunque voglia passare una giornata di meditazione. Amico del cantautore Franco Battiato, Mazzocchi fa inoltre conferenze per l'Italia, alle quali partecipano ogni volta centinaia di persone.


Padre Luciano Mazzocchi.

Per spiegare perché cristianesimo e Zen non sono incompatibili, il missionario usa una metafora: «Come il mio corpo assorbe il sale, lo zucchero, e tutto trasforma in vita, così l'incontro con il buddhismo non è un confronto tra teorie, ma due percorsi che sono dentro di me perché entrambi sono per me». Lo Zen, spiega, «mi rende più cristiano, al tempo stesso più buddhista. E più vero. L'appartenenza religiosa può essere un tranello, perché può bloccare il cammino vero, che è pellegrinare la verità». In questo senso, «l'incontro col buddhismo purifica la comprensione di Cristo senza togliere nulla al cristianesimo». Anzi. «A volte», afferma padre Mazzocchi, «la Chiesa è solo luce che illumina. In certi casi il cristianesimo è diventato una religione che dà risposte, mentre il buddhismo fa spazio al silenzio da cui scaturiscono le domande, e a quel punto fornisce delle risposte. In fondo Gesù non ha insegnato a pregare ai suoi discepoli finché non gli hanno domandato di insegnare loro a pregare». Con una metafora, il saveriano spiega che «il messaggio cristiano è un annuncio vero e proprio, è il seme gettato, mentre il buddhismo cura molto l'orecchio, è arare il campo. Se il cammino cristiano scavalca la cura dell'ascolto e subito cerca la salvezza, si inaridisce. Così, il buddhismo può bloccarsi in un narcisismo religioso, in un campo sempre arato che non dà frutti. Per questo è preziosa l'integrazione delle loro differenze». Insomma, «la Chiesa ha bisogno del buddhismo, del silenzio vero».


Padre Mazzocchi dà lezioni di giapponese a Raul.

Quella di padre Mazzocchi non è un'esperienza unica in Italia. Nel corso degli anni, il fenomeno delle pratiche di meditazione di matrice buddhista si è diffuso anche negli ambienti cattolici. In prima fila i gesuiti, che hanno una lunga tradizione di missionari in Estremo Oriente. Padre Davide Magni ha approfondito l'incontro con il buddhismo in una serie di soggiorni in Sri Lanka, India, Thailandia, Cambogia, Taiwan e Cina. E spiega così le «numerosissime esperienze di reciproco arricchimento» tra buddhismo e preghiera ignaziana: «Le forme della tradizione meditativa buddhista sono molteplici. Forse il percorso più famoso tra i tanti rimane quello del gesuita tedesco, missionario in Giappone, Hugo Enomiya Lassalle, promotore dell'affinità tra meditazione zen e spiritualità ignaziana. Il confratello giapponese Kakichi Kadowaki ne è stato il continuatore. Io, con altri gesuiti sparsi tra Asia, Europa e Nord America, stiamo riflettendo e proponendo delle possibili analogie tra il testo ignaziano e il Visuddhimagga (Il cammino della purificazione). Si tratta di una enciclopedia spirituale sulla via interiore. Fu compilato da Buddhaghosa (V secolo d.C.) dall'antico materiale canonico. La sua autorevolezza è ancora oggi indiscussa ed è il compendio fondamentale della meditazione vipassana».


Preghiera prima di colazione nella Comunità Vangelo e Zen.

Il connubio tra cattolicesimo e buddhismo italiano è stato a volte pacifico, altre volte problematico. Di certo ha interpellato i vertici ecclesiastici italiani. La Cei, che sulla materia fa riferimento ai documenti della Santa Sede, ha partecipato nel 2002 a Strasburgo a un convegno sul rapporto tra cristianesimo e buddhismo promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee), nel quale si è preso atto, tra l'altro, del «crescente numero di cristiani europei attratti dal pensiero e Il Magistero: luci e ombre del buddhismo dalla pratica buddhista». Monsignor Gino Battaglia, responsabile dell'Ufficio della Cei per l'ecumenismo e il dialogo, conferma: «L'impressione è che, a parte gli immigrati, c'è un'area di simpatia, curiosità e interesse nei confronti del buddhismo tra italiani di origine cattolica. Ciò pone alla Chiesa una questione pastorale».


Particolare nella sede del monastero Fudenji.

Il direttore dell'Ufficio Cei sottolinea che «certe esperienze di preghiera profonda e di meditazione fanno parte del cristianesimo, basti pensare alla tradizione orientale, a quella monastica o alla mistica. Lo stesso si può dire per la liturgia, la cerimonia, i rituali. Ci si può allora porre la domanda sul perché questo patrimonio sembra aver smesso di parlare ad alcuni, che si rivolgono – per ritrovare questo aspetto – al buddhismo». Monsignor Battaglia evita giudizi drastici: «Non direi che si possa condannare o approvare una certa pratica a priori, dipende dalla consapevolezza con la quale la si fa». E spiega: «Indubbiamente certe tecniche possono aiutare la concentrazione e fare da premessa alla preghiera profonda, ma», avverte, «è chiaro che possono anche veicolare più o meno consapevolmente concezioni lontane dal cristianesimo. Per questo chi vi si accosta senza consapevolezza rischia di perdere l'orientamento».


Monaco thailandese nel centro Santacittarama di Frasso Sabino (Rieti).

Sullo stesso punto insiste anche fratel Matteo Nicolini-Zani, monaco della Comunità di Bose e da un paio d'anni coordinatore del Dialogo interreligioso monastico (Dim). Questa iniziativa nasce alla fine degli anni Settanta, raccogliendo un'intuizione di Thomas Merton, trappista e scrittore statunitense. L'idea è che i monaci possono promuovere il dialogo tra le religioni approfondendo non tanto l'aspetto teologico e accademico quanto la dimensione spirituale ed esperienziale della fede. Nel corso degli anni il Dim ha moltiplicato in tutto il mondo i rapporti con i monaci hindu, buddhisti tibetani e zen del Giappone. In Italia, in particolare, il benedettino Cipriano Carini ha dato impulso negli anni Novanta e Duemila a questa iniziativa. Da un paio d'anni la guida del Dim è passata ai monaci della comunità guidato da Enzo Bianchi.


Padre Mazzocchi davanti alla sede della Comunità Vangelo e Zen.

«Il dialogo con le altre religioni», spiega fratel Matteo, esperto di lingua, cultura e spiritualità cinese, «non può che essere fonte di crescita e stimolo per il nucleo della propria tradizione». In questo senso, «per tale genere di dialogo sono necessarie persone mature nella propria esperienza di fede, e per questo aperte alle altre tradizioni senza sentirle come una minaccia ». Il dialogo, annota il monaco di Bose, va fatto «con grande rispetto e con grande discernimento: nella prassi del dialogo certo si possono compiere errori, ed è giusto perciò che la Chiesa metta in guardia dal rischio del sincretismo, ma la mia esperienza è che vale la pena di dialogare». Il buddhismo, in particolare, «per noi cristiani è un grande appello alla ricerca spirituale in profondità » e in esso si possono «attingere stimoli, valori, tecniche di meditazione».

«La diffusione del buddhismo in Italia», prosegue fratel Matteo, «ha coperto un'area che nelle Chiese cristiane ha perso un po' di spazio: il buddhismo attrae per l'aspetto della spiritualità, la dimensione interiore e non istituzionale, che forse nelle nostre Chiese è andata un po' persa o è stata sempre più sottosviluppata ». Se gli si fa notare che accanto a esperienze di grande saggezza si possono incontrare, tra le manifestazioni del buddhismo made in Italy, realtà di dubbia serietà, il monaco di Bose non si scompone: «Anche nelle nostre comunità cristiane vi sono vari livelli di serietà...», fa notare con gentilezza. Fratel Matteo, a ogni modo, evidenzia che negli ultimi anni il buddhismo italiano è andato incontro a una doppia tendenza di "crisi" e di "approfondimento". «Per un verso», nota, «si è usciti dal fascino indiscriminato, che forse ha raccolto persone più fragili o sbandate, abbagliate per questo dal buddhismo. Per un altro verso, è andata crescendo la serietà, la consapevolezza del ruolo specifico che può svolgere il buddhismo italiano, della sua inculturazione nel nostro Paese».

Concorda con questa lettura problematica del buddhismo italiano don Arrigo Chieregatti, sacerdote e psicoterapeuta a Marzabotto e professore di Antropologia culturale all'Università di Bologna. Tornato di recente da un viaggio in Vietnam, un lungo periodo trascorso negli anni Novanta in Cambogia, legato a figure come Raimon Panikkar e Henri Le Saux, una dotta frequentazione con i sufi islamici, don Arrigo si dice «un po' perplesso» del buddhismo italiano: «Molti buddhisti cambogiani o vietnamiti non lo riconoscono come tale», dice senza giri di parole. Per gli orientali, spiega, buddhismo «non è una teologia, piuttosto è una filosofia di vita profondamente piena di fede», mentre «spesso in Italia e in Europa il buddhismo è una trasposizione, una traduzione, direi quasi un tradimento del buddhismo». Chieregatti fa un esempio: «Uno degli elementi fondamentali del buddhismo è la gratuità, il vuoto, il nulla verso cui noi andiamo. Ora, molti movimenti buddhisti europei usano il buddhismo per ottenere qualcosa. È il rovescio dell'esperienza buddhista. Come usare lo yoga per andare più veloci alle gare di sci. Se finalizzo la semplicità della gratuità, non è più buddhismo». È possibile, allora, vivere il buddhismo in Occidente? «È un grande punto interrogativo. Il buddhismo si adatta moltissimo. Ma bisogna fare attenzione ». E per indicare la direzione verso cui muoversi cita Panikkar: «Sua madre era cattolica, suo padre indiano, e una volta, a Bologna, scandalizzando un po' i teologi, disse: "Io sono nato cristiano, sono stato educato nell'induismo, ho raggiunto il buddhismo e non ho mai smesso di essere discepolo di Gesù"».

Iacopo Scaramuzzi
Fonte
www.stpauls.it/jesus/1205je/dossier-2.htm


grassetto mio
E' evidente che quì siamo in piena "Eresia", spendere altre parole non ha alcun senso, dilaga in pieno il Sincretismo, New Age ecc, d'altra parte per avere un dialogismo a tutti i costi si svende nostro Signore ai pagani.
Francesco
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"Cio’ che i Cattolici furono un tempo , noi lo siamo ora . Se noi abbiamo torto , allora anche i Cattolici hanno avuto torto per duemila anni . Noi siamo cio’ che un tempo siete stati voi. Noi crediamo in cio’ che voi un tempo credevate . La nostra fede e’ la stessa che un tempo avevate anche voi . Se noi abbiamo torto ora , avevate anche voi torto allora . Se avevate ragione voi allora , abbiamo ragione noi adesso".
Robert De Piante

“Al di sopra del Papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.”
(Cardinal Joseph Ratzinger - Commentary on the documents of Vatican II, vol. V, p. 134, Herbert Vorgrimler - Ed. Herder and Herder)
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